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LA SPERANZA NELLA SPIRITUALITA’ DEL SERVO DI DIO DON UMBERTO TERENZI

3 gennaio 2025 – Sala “Don Umberto Terenzi”
Relatore: S.E. Mons. Enrico dal Covolo

Il 3 gennaio si è svolta la giornata di formazione sul carisma del nostro Fondatore il Servo di Dio Don Umberto Terenzi. Trovandoci nell’Anno Giubilare intitolato da Papa Francesco “Pellegrini di speranza”, abbiamo ritenuto opportuno approfondire il tema della speranza nel pensiero spirituale di Don Umberto, facendoci aiutare dalla competenza del Vescovo Enrico dal Covolo, ex Rettore dell’Università Lateranense, attualmente assessore del Pontificio comitato di scienze storiche.
Il vescovo ci ha fatto percorrere un “pellegrinaggio nella speranza” partendo da alcune Meditazioni dove appunto Don Umberto parla di questa virtù che all’inizio considera quasi inutile perché noi dobbiamo avere solo tanta fede nell’Opera della Madonna, fino a giungere a comprendere che la speranza è la virtù teologale strettamente unita alla fede e per questo diventa CERTEZZA:

“Iniziamo la nostra meditazione sulla speranza nella spiritualità del Servo di Dio don Umberto Terenzi con una sua parola, che risale al 26 ottobre 1969. È una parola che potrebbe suscitare qualche perplessità. Si tratta invece del punto di partenza di un “pellegrinaggio nella Speranza”, che noi oggi vorremmo percorrere insieme al Padre. Passo dopo passo, egli ci aiuterà a chiarire ogni difficoltà su quella che è la parola-chiave del Giubileo appena iniziato. In realtà, “la speranza non delude” (Spes non confundit, Rm 5,5) è un’espressione utilizzata da Don Umberto, sia pure in una maniera un po’ differente, già nel 1959. Di fatto, come afferma chiaramente San Paolo, Gesù Cristo è la nostra speranza (cfr. 1 Tim, 1,1). Ma ascoltiamo le parole del Padre, dalle quali vogliamo partire insieme a lui per il nostro “pellegrinaggio nella speranza”.

  1. “A me – diceva il 26 ottobre 1969 - è tanto poco piaciuta sempre la speranza, non l’ho mai adoperata per me, sapete: “spero…che si faccia questo…spero…che si faccia quest’altro”. Io ho avuto sempre un’altra parola che consola di più, che è più sicura, che da più coraggio per lavorare che dà certezza, la FEDE, la FEDE! Sì, la speranza è una grande virtù ma, scusate forse un’interpretazione, spero non sbagliata, un’interpretazione mia, la speranza è la virtù di chi non attende con sicurezza, di chi dubita. E io ho avuto occasione di dirvi, e lo stesso esorto voi, figli e figlie, a fare nella vostra vita. Sì, abbiate speranza come volete, ma più che altro abbiate sempre certezza di riuscire nelle opere di Dio, quando le fate con lo spirito di Dio e quando le fate con la grazia di Dio. Posso dirvi, fin dal primo istante che la Madonna volle, non dico ispirarmi, farmi sapere con certezza, che questa era la mia vita, e il Divino Amore doveva essere la mia via per giungere alle conclusioni di questa mia povera vita. Le conclusioni siete voi, eh! Non ne ho avuto mai dubbio, non ho avuto mai dubbi! E spero di non averne mai, ormai sarebbe ridicolo averli, adesso! Per me sarebbe stato peccato averne allora, pure quarant’anni fa, quando appena appena sapevo di dover cominciare. Voi sapete, figli miei, che ci furono, specialmente all’inizio, nel corso di questa mia vita, non breve, al Divino Amore, quarant’anni, tanti, momenti in cui sembrava che tutto fosse finito, che l’Opera se ne andasse così…no! Forse qualcuno vicino a me ha avuto dubbio che l’Opera si potesse continuare, e mi ha anche consigliato di desistere. Non ho mai accettato quei consigli, non ci ho mai pensato nemmeno lontanamente, e se lo dico e insisto su questo concetto è specialmente per voi Sacerdoti della Madonna, eh, e per voi suore! No, no, non ammetto tra i figli e le figlie della Madonna che si possa avere il dubbio di terminare la propria missione al Divino Amore e a nome del Divino Amore! Segno sarebbe che declina, non l’Opera, ma la vostra personale vocazione! Pazienza, uno di più o uno di meno, si potrebbe dire umanamente parlando, io spiritualmente parlando non posso e non voglio dirlo mai. Questo però dico, sarebbe segno, il dubbio di qualcuno e di qualcuna di voi segno di defezione dalla vostra vocazione”.
  2. Queste parole del Padre, che indubbiamente rivelano una certa riserva nei confronti della speranza, trovano ulteriore conferma in alcune espressioni che seguono pochi giorni appresso il 2 novembre 1969. Ascoltiamo:
    “Tra le braccia della Madonna dobbiamo essere certi dell’aiuto di Dio continuo nel fare la volontà del Signore durante la nostra vita presente e della sicurezza della salvezza eterna. Quindi speranza sì genericamente, ma più che altro certezza. Ci sono le tre virtù fondamentali della vostra vita spirituale: fede, speranza, carità. La speranza io la metto tra parentesi, perché se ho la fede e la carità, l’amore verso Dio nel mio cuore, non posso non avere la speranza…Ho CERTEZZA della mia salvezza eterna, capite? Non posso avere speranza di compiere la volontà di Dio durante la vita presente, cioè di fare le opere sue che il Signore eventualmente mi ha comandato. Io, se ho la fede, lo ha detto Gesù, trasporterò le montagne: “se avete fede direte a questa montagna: spostati, e si sposterà” e tra le braccia della Madonna dobbiamo essere tranquilli!”.
  3. Ma poi, alla scuola del suo amico e “profeta” Don Luigi Orione, discepolo di Don Bosco, il Padre recupera il valore biblico e teologico della speranza. E’ proprio il 31 gennaio 1970, festa di Don Bosco, che Don Umberto pronuncia con forza queste parole: “All’antifona della comunione vi sentirete ripetere quel versetto di San Paolo ai Romani: contro ogni speranza, nella speranza, credete. Eh! L’ho dovuto provare anche io, come lo ha dovuto provare il nostro grande amico, Don Orione. Loro soltanto ci hanno creduto, e umilmente vi dico, nei miei quarant’anni di Divino Amore posso dire che solamente noi, solamente io che ve l’ho insegnato, ci abbiamo creduto al Divino Amore, poi fino ad oggi 31 gennaio 1970!!! Ancora mica ci credono, ancora stanno a discutere: come si fa il Santuario Nuovo del Divino Amore? E da quarant’anni me lo stanno domandando e da quarant’anni rispondo a chi mi dice: bisogna che accantoni un po’ di milioni! Ed io rispondo: il Santuario Nuovo non si farà se pretendete che io accantoni i milioni! Ed è stato così per quarant’anni! Lasciatemi lavorare, cominciare, e il lavoro sarà pagato per intero, senza anticipazioni di banche, senza capitali iniziali, ma con la goccia della Provvidenza che diventa pioggia ed è feconda. Don Orione mi diceva lo stesso: “Se non fossi stato matematicamente sicuro, matematicamente sicuro che Iddio vi avrebbe assistito in tutte le opere del Divino Amore, volete che io mi sarei azzardato a lanciarvi in queste opere? Vada avanti! Ne avrete tanti di soldi, quanti la Provvidenza ve ne manderà per compiere le opere che vuole la Provvidenza, al tempo suo, e vedrete.”
  4. E pochi giorni dopo, il 7 marzo, il Padre aggiungeva altre parole decisive: “Noi confidiamo! In spe contra spem! Nella speranza contro ogni speranza. Nella speranza divina, cioè, contro ogni speranza umana. Questo è il nostro motto, affidiamoci alla Madonna!”.
  5. Ritroviamo così nella spiritualità del Padre quello che afferma la Bolla d’Indizione del Giubileo; precisamente il “pellegrinaggio della speranza”, nel quale ci siamo incamminati insieme. “Il pellegrinaggio – scrive Papa Francesco – esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita” (Spes non confundit n.5). E, più avanti, al numero 24 la Bolla recita: “La speranza trova nella Madre di Dio la più alta testimone. In Lei vediamo come la speranza non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita. Come ogni mamma, tutte le volte che guardava al Figlio, pensava al suo futuro, e certamente nel cuore restavano scolpite quelle parole che Simeone le aveva rivolto nel Tempio: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,24-35). E ai piedi della croce mentre vedeva Gesù innocente soffrire e morire, pur attraversata da un dolore straziante, ripeteva il suo “Sì”, senza perdere la speranza e la fiducia nel Signore. In tal modo Ella cooperava per noi al compimento di quanto suo Figlio aveva detto, annunciando che avrebbe dovuto ‘soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei Sacerdoti e dagli Scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere’ (Mc 8,31), e nel travaglio di quel dolore offerto per amore diventava Madre nostra, Madre della speranza. Non è un caso che la pietà popolare continui ad invocare la Vergine Santa come Stella Maris, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e c’invita ad avere fiducia e a continuare a sperare”.
  6. Torniamo così alle parole di Padre Umberto, che possiamo interpretare come la meta del nostro pellegrinaggio nella speranza. Il 18 marzo 1972, due anni prima di morire il Padre esclama con entusiasmo: “La speranza! La speranza che non è solamente l’attesa di qualche cosa che…forse arriverà, no, è l’attesa di qualche cosa che nella fede, nella grazia di Dio, nella grazia del Divino amore, CERTAMENTE arriverà! Ecco la speranza! La speranza che è germe e fondamento di certezza nella nostra Opera. Sono quarantadue anni quasi che ormai sono qui e non ho mai dubitato dell’Opera del Divino Amore!”.

Riporto, qui, in appendice, alcune citazioni di Sant’Agostino, “cantore della speranza”, che mi pare ricorrano in filigrana lungo molti testi del Servo di Dio. Certamente egli le conosceva, perché alcune di esse sono riportate anche nell’Ufficio delle Letture. Come è noto, Agostino – ormai prete, e poi Vescovo – scrive degli splendidi passi sulla speranza che lo aiutano a chiarire, ai pagani come ai cristiani, lo “scandalo” di una realtà ancora fatta di pena e di dolore. Vogliamo ascoltarne alcuni tratti dai celebri commenti dei Salmi – per lo più delle omelie, che Agostino tenne soprattutto a Cartagine -. “Che cosa c’è qui sulla terra?”, si domanda per esempio Agostino nel commento al Salmo 48; e risponde: “Fatica, oppressione, tribolazione, tentazione: non puoi sperare nient’altro. E la gioia dov’è? Nella speranza futura. Dice dunque l’Apostolo: “Sempre lieti” (2Cor 6,10). In mezzo a tutte queste tribolazioni, sempre lieti e sempre afflitti.

Sempre lieti, perché egli stesso dice: come se afflitti, ma sempre lieti”. La nostra afflizione ha un come se, la nostra gioia non ha come se, perché nella speranza è certa”. Lo stesso discorso prosegue nel commento al Salmo 123, dove si legge a proposito dei cristiani: “Cosa cantano dunque costoro? Cosa cantano queste membra di Cristo? Sono persone che amano, e cantano d’amore, cantano di desiderio. A volte cantano sotto il peso della tribolazione, a volte invece pieni di esultanza, perché cantano nella speranza. La nostra tribolazione, infatti, è qui in questo mondo, mentre la nostra speranza riguarda il mondo a venire, e se nella tribolazione che ci accompagna in questo mondo non ci consolasse al speranza della vita futura, saremmo finiti. La nostra gioia, fratelli, non è dunque una realtà di fatto, ma è una gioia nella speranza. Tuttavia la nostra speranza è così certa che è come se fosse già diventata realtà.” “Come Gesù Cristo è diventato la nostra speranza?”, si chiede infine Agostino “Perché è stato tentato, ha patito ed è risorto. Così è diventato la nostra speranza. In Lui puoi vedere la tua fatica e la tua ricompensa: la tua fatica fisica nella passione, la tua ricompensa nella risurrezione. E’ così che è diventato la nostra Speranza. Perché noi abbiamo due vite: una è quella in cui siamo, l’altra è quella in cui speriamo. Quella in cui siamo ci è nota, quella in cui speriamo ci è sconosciuta…Con le sue fatiche, le tentazioni, i patimenti, la morte, Cristo ti ha fatto vedere la vita in cui sei; con la Risurrezione ti ha fatto vedere la vita in cui sarai. Noi sapevamo solo che l’uomo nasce e muore, ma non sapevamo che risorge e vive in eterno. Per questo è diventato la nostra speranza nelle tribolazioni e nelle tentazioni, e ora siamo in cammino verso la speranza” (Commento al salmo 60,4)