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INCONTRO E RINNOVO DELLE PROMESSE DEI COLLABORATORI/TRICI DELLA MADONNA DEL DIVINO AMORE

Domenica 21 maggio 2023 - guidati da S.E. Mons. Josè Rodriguez Carballo, Vescovo Segretario della Congregazione CIVCSVA Sala Don Umberto Terenzi e Santuario Nuovo

Cari Collaboratori e Collaboratrici,

voi sapete che ci sono istituti di diritto Diocesano che dipendono dal Vescovo e istituti di diritto Pontificio che dipendono dalla Santa Sede, poi non dipendono da nessuno, fanno quello che credono e fanno bene, però è così, sono le uniche suore, le uniche religiose di diritto pontificio che rinnovano i voti ogni anno. Tutti li rinnoviamo ogni anno ma il nostro rinnovamento è un po’, insomma per ricordarci quello che abbiamo fatto un giorno, ma non ha un valore giuridico, invece per loro sì, di fatto se non rinnovano diventano laiche, perdono la professione. Questo chiama l’attenzione in Dicastero, a volte io lo dico e in Dicastero ma com’è possibile, di diritto Pontificio e rinnovano ogni anno? Sì la Santa Sede lo ha approvato, io penso al di là di tutto che è un’intuizione bella perché questo fa sì che ogni anno uno si metta in questione nel senso positivo a livello della propria vocazione e pensi veramente come sta rispondendo a questa vocazione.

Voi rinnovando oggi le vostre promesse anche dovete dire: “Ma perché mi sono fatto volontario del Divino Amore? Perché ho fatto queste promesse? E poi soprattutto come le vivo?” Quindi questa è una giornata che dovrebbe rispondere piuttosto che a due o a tre domande.
Prima: “Perché l’ho fatto?”; Secondo: “Come le vivo?”; Terzo: “In che aspetti devo migliorare?”
Santa Chiara ha una frase che ha me piace molto, lei invita le monache clarisse, quelle che professano la regola, a passare dal buono al meglio non passare dal male al buono. Questo per noi cristiani dovrebbe essere scontato, ma passare dal buono al meglio.
Sicuramente voi tutti siete buoni, buonissimi, però potreste essere meglio, migliori e allora come passare dal buono al meglio.
Detto questo, nella Messa pensateci veramente come passare dal buono al meglio.

Oggi celebriamo in Italia e in gran parte del mondo adesso, il giorno dell’Ascensione.
Il giorno dell’Ascensione non è far memoria dell’addio di Gesù. Di solito gli addii non si ricordano con gratitudine. Pensiamo quando un caro va lontano l’addio è duro, io ricorderò sempre, sempre, l’ho nella mia mente quando mia mamma nell’anno 1964, la prima donna del mio piccolo paesino che partiva per la Germania, l’immigrazione in quegli anni è stata molto forte, in Spagna come in Italia, per non dire arrivederci è andata a prendere l’autobus fuori paese e ricordo l’abbraccio, gli addii non si cercano, dopo se le cose vanno bene si ricordano con piacere anche.
Così l’addio di Gesù non merita essere celebrato, tra l’altro perché non si tratta di un addio, Lui stesso ce lo dirà nel Vangelo di oggi: “Io sono con voi fino alla fine dei tempi”.
Quindi l’ascensione non è la memoria dell’addio di Gesù. L’Ascensione è l’inizio di una nuova presenza di Gesù, un nuovo modo di essere presente e allo stesso tempo l’inizio della Chiesa, la Missione. Per questo io vorrei condividere con voi qualche pensierino sulla missione perché anche voi dovete sentirvi missione, soprattutto voi che siete volontari, dovete sentirvi missionari.
Di solito questo termine si riferisce a persone che vanno lontano, che vanno soprattutto in terre di missione, ma prima di tutto oggi terra di missione non esiste più perché tutto il mondo è terra di missione. Hanno incominciato a dirlo i francesi negli anni ‘70, Francia terra di missione ed è la figlia primogenita della Chiesa, ha questo grande titolo della Chiesa in Francia, oggi però questa figlia primogenita è terra di missione. Italia è terra di missione, Spagna è terra di missione, quindi non esistono più terre di missione e non esistono i missionari soltanto che vanno lontani dalla loro terra. Tutti siamo missionari, tutti chiamati ad evangelizzare, tutti chiamati a comunicare la Buona Notizia che è il Vangelo, ne costituì 12 dice il Vangelo di Marco 3, perché stessero con Lui e mandarli a predicare. A Gesù sembra che le danno fastidio i discepoli, li chiama e subito gli dà una spinta, per non dire un’altra parola e li manda fuori.
Questo lo dobbiamo tener presente: chiamati a stare con Lui per essere inviati, non si può andare senza stare con Lui, ma non si può stare con Lui senza andare, questi due movimenti vanno per mano. Andare e stare, stare e andare.
Ma che cosa è la missione? Noi di solito, anche noi religiosi facciamo molti sbagli, consideriamo la missione come fare delle cose, ecco le suore del Divino Amore, la missione fare catechesi nelle Parrocchie o curare una casa famiglia, o una scuola, questa non è la missione, questa è manifestazione di una missione che è molto più ampia e più profonda. Il Papa Francesco quando parla di questo dice spesso: noi non abbiamo una missione nella Chiesa, noi siamo missione, attenzione, cambia completamente la prospettiva. Io a volte parlando soprattutto alle suore, anche le religiose, ancora ieri facevo questa domanda parlando dell’affettività, sessualità, ieri dicevo: “Voi che ne pensate abbiamo affettività, sessualità?”. Ve la potrei fare anche a voi questa domanda, perché questo è valido per tutti, le suore e i frati dicono subito: “Sì certamente”, bocciati tutti, noi non abbiamo affettività, non abbiamo sessualità, siamo affettività, siamo sessualità.
Io ho questa giacca adesso, la tolgo, rimango lo stesso, con giacca o senza giacca quindi ho, ma io non posso togliermi l’affettività e la sessualità perché sono. Quindi io non ho una missione, sono una missione e nella misura in cui sono missione, allora farò tante cose che manifestano la missione.
Vedo qui il diacono Don Ermes, lui non ha la missione di fare quello che fa’ per questi Sacerdoti, lui ha la missione di diventare missione tra questi, per i quali lavora.

Quindi attenzione la missione non è una semplice attività della Chiesa ma è il suo essere, la Chiesa esiste se è missione sennò non è Chiesa. Questa missione è evangelizzare, ma evangelizza prima di tutto con la sua vita. San Francesco d’Assisi è il primo fondatore che scrive in una regola di vita un capitolo dedicato alla missione, che già stava nei vocabolari di allora, tra saraceni e altri infedeli, cioè quelli che andavano fondamentalmente in Marocco e in terra Santa, saraceni e altri infedeli diceva lui, però ai frati dice attenzione cosa dovete fare lì, non dice convertirli, voi dovete andare lì e annunciare il Vangelo come? Prima di tutto vivendo da cristiani. Vivendo da cristiani, vedete, così si diventa missionari, e poi quando il Signore farà capire che dovete predicare, allora predicate, ma il primo compito quando i frati vanno in missione, non è predicare, è testimoniare.
Benedetto XVI ha ripetuto moltissime volte che la Chiesa non cresce per proselitismo, e questo lo dovremmo capire molto bene anche noi religiosi nella pastorale vocazionale, la Chiesa cresce, lo ripete molto anche Papa Francesco, per contagio. Noi dobbiamo contagiare la gioia della nostra fede, vivendo da cristiani, da consacrati nel nostro caso.
Faccio una premessa ancora prima di entrare nel profondo del tema. Sono molti che dicono che le nostre città sono diventate pagane, voi sapete che si dice: qual è la città del mondo che ha più fede? Molti dicono Roma, perché molti che veniamo a Roma la perdiamo, la lasciamo la fede, per questo ce n’è molta!

Sono molti dicono che le nostre città sono diventate pagane, non nel senso che sono regredite fino a diventare precristiane, no, ma nel senso che sono arrivate ad essere postcristiane, non pre ma post, così come lo intendeva Dietrich Bonhoeffer il quale sosteneva che il contrario della fede, anche qui vi farei una domanda, ma ho paura che vi debba bocciare per la terza volta. Il contrario della fede dice Dietrich Bonhoeffer che è un grandissimo teologo, uno dei grandi del secolo scorso, non cattolico, però veramente un uomo…dice: Il contrario della fede non è l’incredulità, il contrario della fede dice lui è l’idolatria.
Io dico sempre che oggi atei, atei sono pochissimi, per essere atei bisogna essere intelligenti, anche dire le ragioni per le quali non credi che Dio esiste, invece l’idolatria o l’indifferenza di cui diceva un altro autore che dice che il contrario della fede è l’indifferenza. Indifferenza o idolatria, il contrario della fede ripeto Dietrich Bonhoeffer, non è l’incredulità ma l’idolatria e i nostri idoli non sono quelli che Paolo incontrò ad Atene, fremeva dicono gli Atti degli Apostoli, nel suo spirito a vedere la città piena di idoli. Certamente lui è arrivato lì ha visto il culto a Venere, la dea del piacere, ha visto il culto a Cerere la dea della fecondità, tanti altri dei, il dio della guerra etc. I nostri idoli oggi non sono questi ma ne abbiamo tanti: primo idolo il denaro, poi il piacere, ancora il potere, è un vero idolo, poi l’appariscenza, l’immagine, oggi non è importante il contenuto del pacco, quando facciamo un regalo magari una stupidaggine, l’importante è come si presenta. L’immagine e tanti altri idoli, con una grande differenza tra l’idolatra di allora e dell’idolatria di adesso. Prima il paganesimo si poteva facilmente individuare in quanto si trovava al di fuori della comunità cristiana, oggi il paganesimo non si può facilmente individuare, perché? Perché si trova dentro di noi. I segni del paganesimo prima erano ben visibili le statue, i culti, oggi sono più nascosti. Oggi il paganesimo è, secondo un’immagine utilizzata da un altro grande Kierkegaard è, come definisce lui così il paganesimo: è come un vampiro che ti succhia il sangue e ti inietta il veleno del sonno, il sonno dell’indifferenza, il sonno di convivere pacificamente con le diverse forme di idolatria, anche nella propria vita, senza reagire, questo è il problema conviviamo perfettamente con le idolatrie e non si reagisce, anzi ci lasciamo portare avanti.

Quali sono allora le esigenze dell’evangelizzazione? La prima esigenza è quella di lasciarsi abitare dal Vangelo, questa è la grande sfida della vita cristiana, affinché questa diventi veramente missionaria evangelizzatrice, lasciarsi abitare dal Vangelo, in modo da diventare noi, ciascuno di noi Vangelo vivente, o in parole del Papa Benedetto: “Esegesi vivente del Vangelo”. Vedendo noi, vedono il Vangelo, questo è l’esigenza primaria fondamentale dell’evangelizzazione.
Per quello che dicevamo prima che la Chiesa, quindi il Vangelo, si spande per contagio. Questo l’abbiamo ben visibile nel virus, volendo o non volendo si contagiava, quindi lasciarsi contagiare dal Vangelo e diventare esegesi vivente del Vangelo, diventare Vangelo vivente. Ciò vuol dire accogliere il Vangelo, lasciarsi abitare dal Vangelo non questo come ideologia, il Papa non vuole le ideologie, stiamo attenti che il Vangelo si presta meravigliosamente a diventare un’ideologia, no, il Vangelo non è un’ideologia sapete perché? Perché Gesù non è un’idea, se Gesù fosse un’idea il Vangelo sarebbe un’ideologia, ma Gesù è una persona, quindi il Vangelo è una forma di vita. Quindi lasciarsi abitare dal Vangelo vuol dire assumerlo come forma di vita, ognuno nel suo stato di vita, sposati, singoli, religiosi, il Vangelo come forma di vita.
Il Vangelo preso come forma di vita diventa veramente contagioso, ricordiamo quello che già diceva San Paolo VI nella carta magna sulla evangelizzazione, che si scrive in questi tempi Evangelica Testificatio al numero 14, diceva Lui che: la nostra società ascolta ben volentieri, o segue ben volentieri i testimoni, meglio che i maestri e se ascolta i maestri è perché allo stesso tempo sono testimoni. Quindi attenzione alle ideologie, il Vangelo, citiamo il Vangelo come…, ma dopo come ama il mio cuore, com’è la mia vita quotidiana?
San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi dirà: “Ho creduto, perciò ho parlato” la predicazione deve essere conseguenza, manifestazione della fede. Oggi l’evangelizzazione deve vivere dell’esperienza di cui parla Paolo, cioè dell’incontro con Gesù, lasciarci conquistare da Gesù.
Ho lottato contro di te ma mi hai vinto, dirà Paolo in altre parole molto più belle.
Stiamo attenti a fare del Vangelo una lettera che uccide, San Francesco d’Assisi in una delle sue ammonizioni, la settima, parla della lettera che uccide e il Vangelo se diventa ideologia è lettera che uccide, e guardate io ho l’impressione che è meglio non credere per niente al Vangelo che assumerlo come ideologia, perché chi non crede ha la possibilità di crederci, chi lo fa diventare un’ideologia non cambierà mai. L’ideologia conquista il nostro cuore, e allora grandi parole, grandi principi che poi non hanno eco a nessuno nella nostra vita.
Prima esigenza quindi della missione e dell’evangelizzazione è lasciarci abitare dal Vangelo.
Secondo creare luoghi d’esperienza di Dio, luoghi, e cosa comporta questo? Comporta prima si tutto essere evangelizzatori itineranti nel cuore del mondo, questo lo dico soprattutto pensando a voi che siete laici, diaconi, non importa in questo contesto che vivete nel mondo, nella famiglia, ma anche per noi religiosi, essere evangelizzatori itineranti nel cuore del mondo, a sua volta questo comporta: primo: porci in cammino leggeri di bagaglio, se noi leggiamo i testi del Vangelo che parlano proprio dell’invio missionario, dirà proprio questo non portate con voi questo, questo, leggeri di bagaglio. Noi molte volte crediamo che sono le strutture che garantiscono l’efficacia dell’evangelizzazione, molte volte le strutture dicono il contrario di quello che noi vogliamo dire con il Vangelo.
Io questo lo dico molte volte ai religiosi, religiose, a volte le nostre case immense, dicono il contrario di quello che vogliamo dire col voto di povertà. Le strutture attenzione, l’efficacia non sta negli strumenti, è vero che dobbiamo servirci degli strumenti, penso per esempio ai mezzi di comunicazione, San Paolo si serve dei mezzi di comunicazione dell’Impero Romano per girare il mondo di quel tempo.

Le strade romane, oggi noi dobbiamo servirci, però attenzione, l’efficacia del Vangelo non dipende dai mezzi, soprattutto non dipende dai soldi, ma l’efficacia del Vangelo nasce dal Vangelo stesso e di chi lo vive. Quindi leggeri di bagaglio.
Secondo comporta andare all’incontro con i lebbrosi del nostro tempo. Il Vangelo è per tutti anche per i ricchi, però i destinatari principali sono i poveri. Lo dice Gesù al capitolo IV di Luca: “Sono venuto per evangelizzare i poveri”. Quindi la Chiesa, noi che siamo Chiesa dovremmo andare all’incontro dei lebbrosi del nostro tempo, sapendo che in questi lebbrosi c’è la presenza di Gesù. Uno già si abitua al vocabolario del Papa però, all’inizio a me colpiva questa espressione che dice che i poveri sono la carne di Cristo, i poveri sono la carne di Cristo. Quindi non bisogna andare qua e là per trovare Cristo. Lo abbiamo nei poveri e noi dobbiamo andare ai poveri e i poveri non saranno soltanto evangelizzati da noi ma ci evangelizzeranno, sicuramente voi avete sentito parlare dell’abbraccio di Francesco al lebbroso di Assisi, io dico sempre il lebbroso non sappiamo se sia guarito, almeno le fonti francescane non dicono che sia guarito dopo l’abbraccio di Francesco ma quello che è stato guarito è il cuore di Francesco.

Non sappiamo cosa ha fatto nel lebbroso l’abbraccio di Francesco, ma sappiamo molto bene cosa ha fatto il lebbroso nel cuore di Francesco, quindi andiamo non soltanto per dare ma soprattutto per ricevere perché sono Cristo e allora riceveremo sempre.
Ancora, essere evangelizzatori itineranti nel cuore del mondo comporta terzo: scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo. Adesso tutto il mondo parla contro la guerra e giustamente, Russia e Ucraina, ma dovremmo domandarci noi cristiani ma cosa ci sta dicendo Dio attraverso questa guerra, certamente c’è un messaggio tra l’altro molto semplice, è una chiamata alla conversione per diventare strumenti di pace e non di guerra, però cosa sta dicendo all’umanità? Non ci starà dicendo che la strada che stiamo percorrendo non è giusta perché ci sta portando all’auto distruzione? Dobbiamo domandarci e poi le conseguenze prenderle in mano, non soltanto grandi slogan, io pensavo in questi giorni vedendo queste immagini terribili dell’Emilia Romagna, anche qui dobbiamo domandarci cosa ci sta dicendo Dio, non è che questo sia una punizione, attenzione io non penso a questo, ma certamente Dio ci parla in questa situazione, non ci starà chiedendo di curare di più l’ambiente, un’ecologia integrale come dice il Papa? Quindi leggere scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo. Un’altra cosa che ci sta chiedendo questo essere evangelizzatori itineranti nel cuore del mondo è amare il nostro mondo e amare il momento storico che stiamo vivendo, specie noi uomini e donne di Chiesa sparliamo terribilmente contro la società, perché questa società, l’aborto, l’eutanasia, la droga, ma non ci rendiamo conto che questa è la nostra non c’è un’altra, io sono parte di questa società quindi se non l’amo non mi sto amando. Amare il mondo e perché l’amiamo vogliamo il meglio per questo mondo e perché vogliamo il meglio vogliamo evangelizzarlo, invece se nessuno può evangelizzare quello che non ama, questo potrebbe essere causa di questa passività che molte volte abbiamo di fronte al mondo.
Ancora, questo soprattutto penso a noi chierici, a noi religiosi però anche a noi cristiani, rivedere i nostri linguaggi nell’evangelizzazione che spesso sono fuori dal tempo e dal mondo. Se io adesso vi dicessi che nell’eucaristia c’è il fenomeno della transustanziazione io non so cosa capirete voi della transustanziazione perché neppure io lo capisco tanto e ho studiato Teologia e Sacra Scrittura. A volte stiamo usando linguaggi che nessuno capisce e le nostre omelie spessissimo è tempo perso perché parliamo un linguaggio, magari vediamo, è una tentazione molto frequente in noi che predichiamo, andare al computer e vedere cosa ha detto il Papa sull’Ascensione, ripetere come i pappagalli.
No, dobbiamo attualizzare il linguaggio, che sia comprensibile, soprattutto per i giovani, però questo serve per tutti quelli che vogliono impegnarsi nell’evangelizzazione anche per voi.
Ancora aprirsi ai nuovi areopaghi, ogni momento ha sue sfide, io penso oggi un areopago, come evangelizzare il mondo dei giovani che è un vero areopago o il mondo della famiglia che per me è prima dei giovani, io ritengo che la Chiesa sta sbagliando se s’incentra soltanto sui giovani, lasciando da parte la famiglia perché i nostri giovani per bene o male in gran parte sono frutto di quello che vivono in famiglia. Quindi i nuovi areopaghi per me passano per la famiglia, passa per i giovani, passa per il mondo del lavoro, io ho molta paura che la Chiesa ha perso il mondo del lavoro, che stia perdendo il mondo della famiglia, questo mi fa paura e se perdiamo la famiglia abbiamo perso tutto. Altri areopaghi non so, io l’avevo scritto qui senza pensare ad Ermes, al mondo della droga, dobbiamo aprirci è una realtà, diremo tutto il negativo che vogliamo e forse dovremo dire ancora molto di più, però è una realtà, la Chiesa non può non aprire gli occhi a questa realtà.

Il mondo di altre dipendenze mi viene in mente in un’occasione io parlavo con un frate che ha dedicato tutta la sua vita per l’accoglienza di questa droga dipendenti, in Italia ben conosciuta. Gli domandavo quali sono le droghe che oggi portano più candidati alla tua struttura? Mi diceva chiaramente che non sono più le droghe classiche, ma la ludopatia, internet con tutto quello che comporta cioè la dipendenza di questa…e poi la terza il sesso o tutto il mondo dell’affettività…
La Chiesa deve aprirsi a queste nuove realtà e dire una parola del Vangelo in questa realtà. Non può accontentarsi di predicare dal pulpito, anche se è un pulpito bello dal quale ha predicato Papa Pio XII che avete qui al Santuario, ci sono molti altri pulpiti, per esempio un altro pulpito dove entrare è la politica non per far politica, ma per evangelizzare la politica. I cristiani, voi dovreste essere molto più impegnati nella politica, per dare un volto umano, non direi solo cristiano, ma umano alla politica. La politica nasce per aiutare la polis, dobbiamo prepararci non dobbiamo solo criticare l’estrema destra o sinistra o il centro che non c’è più. E voi cristiani laici, non noi, noi non possiamo entrare in questa dinamica giustamente perché noi siamo per tutti. Ma voi dovreste dire una parola forte in politica, anche oggi si vota in Spagna per tutti i Municipi. Anche con il voto, ma io sento tante volte “ma tanto non vado a votare…” ma se tutti pensano lo stesso? Dopo non ci lamentiamo.
Quindi aprirsi ai nuovi areopaghi.
Ancora l’ultima l’inculturazione del Vangelo. A me piace molto quella predica di Paolo ad Atene “Voi adorate, ho visto che siete veramente religiosi, dappertutto ho visto le manifestazioni della vostra religiosità, ma ho letto qualche cosa da un Dio sconosciuto, è proprio quello che vi voglio annunciare io”. Vedete lui parte dalla realtà: l’inculturazione del Vangelo e quindi l’evangelizzazione della cultura.
Bene alcune sfide dell’evangelizzazione di oggi, bene l’evangelizzazione e la missione devono essere liberatrici. Gesù è venuto a liberarci non per farci, attenzione a noi preti, religiosi e anche cristiani, noi qui dovremmo cambiare molto. Se facciamo del Vangelo una camicia di forza, quello non è il Vangelo che non ci permette di respirare, facciamo una religione del “No”, no questo, no questo, no questo. No la nostra è una religione del Sì che parte dall’amore di Dio per l’umanità e dall’amore dell’umanità per Dio. Io sono rimasto molto impressionato in una occasione: viaggiavo in autobus, facevo un viaggio lungo e in una delle fermate sono andato alla toilette, quello che mi ha colpito entrando nella toilette, è “Chiesa…” erano anni molto combattivi contro la Chiesa, “Chiesa uguale a: no all’aborto, no al divorzio, no…” era un decalogo di no e tutti con ragione, noi dobbiamo dire no a questo, ma invece di dire tanto no all’aborto, diciamo molto di più: Sì alla vita. Evangelizziamo in positivo e quindi diremo no all’aborto, ma lo diremo in positivo, difendendo la vita. Non so se riesco a spiegarmi? Bene liberatrice, guardate il Vangelo è liberatore perché è Amore, Amore, Amore!
Allora deve essere inculturata cioè realizzare il dialogo con la cultura attuale e così la Chiesa potrà costruire cultura. La Chiesa è stata fucina di cultura, pensiamo nel Medio Evo le Università.
Oggi purtroppo cosa facciamo molti cristiani anche Sacerdoti, forse anche Vescovi, mangiamo quello che ci servono, i piatti preparati e non sempre quello è il cibo migliore, attenzione a questo, dobbiamo creare, dobbiamo dire qualcosa che venga dal Vangelo.
Ancora deve essere rinnovata, cioè realizzata con nuovi linguaggi, per favore aiutateci voi laici, molte volte ben preparati, aiutateci a noi chierici a non ripetere le dispense anno per anno. Ricordo io avevo un professore di morale, no era di psicologia, e ci trasmetteva di anno in anno prima di iniziare il corso già sapevamo gli esempi che avrebbe messo, tante volte dicevamo “adesso viene quell’esempio” e veniva, perché ripeteva e infatti bastava vedere i fogli di quel professore che erano gialli, in origine bianco, ma erano diventati gialli.
Rinnovata e poi centrata, centrata, cioè in Cristo, noi non abbiamo niente da trasmettere da parte nostra, abbiamo da trasmettere tanto, tanto se trasmettiamo a Lui.
Lui è il Vangelo non io, io sarò Vangelo nella misura in cui rifletto nella mia vita Lui.
È importante cosa si dice nel Vangelo di Giovanni, lui era la lampada, ma non era la Luce, era la lampada, la Luce è Cristo. Noi siamo delle lampade depositarie della Luce di Cristo. Bene finisco cari volontari del Divino Amore: avanti quindi e non siate volontari passivi, anche alle suore spingetele…non troppo che poi vanno nel precipizio! L’evangelizzazione oggi non è facile, penso che mai è stata facile, ma oggi ancora di più, però noi andiamo avanti con una certezza. È la certezza che Lui è con noi “Io non vi lascerò soli” questo è il messaggio dell’Ascensione e se Lui sta con noi, ci darà la forza per continuare a predicare il Vangelo.
Avanti quindi e non siate volontari passivi!