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Il "sapore" della Parola nel Vangelo delle Beatitudini

Sabato 2 e domenica 3 marzo si è svolto, presso la Casa del Pellegrino al Divino Amore, la seconda edizione del week-end biblico tenuto da S.E. Mons. Josè Rodriguez Carballo sul tema delle Beatitudini nelle due versioni di Matteo e di Luca.
Le Beatitudini sono la "Carta d'Identità" del cristiano. Vogliamo sapere chi è Gesù, chi è Maria e chi è il vero cristiano? Leggiamo questa pagina, qui Gesù presenta il Suo vero volto e quello dei suoi discepoli. Vivendo questa pagina noi riproduciamo la vita storica di Gesù.
Ognuno di noi a "suo modo" deve vivere questa pagina: come laici, consacrati, pastori, ecc.
Al n. 63 di "Gaudete et exsultate" il Papa dice: "è necessario far, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini. In esse si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita".
Le Beatitudini sono una catechesi battesimale, un breviario della vita cristiana, che contiene la regola di vita del Figlio e dei figli di Dio. Qui Beato è sinonimo di "santo", "Siate santi come il Padre vostro è Santo" (Mt 5,48), mentre Luca dice "Siate misericordiosi come il Padre vostro", quindi la santità è misericordia.
Ma qual è la strada che ci conduce alla santità? La santità non è una conquista, altrimenti cadiamo nel pelagianesimo, come dice il Papa, ma è una Grazia, un Dono che trova risposta da parte dell'uomo, un dono da accogliere. L'atteggiamento del santo è quello di Maria all'Annunciazione: "Eccomi", non capisco niente, però accolgo la Tua Parola. E' quello che dice anche Pietro: "Non capisco…ma sulla Tua Parola getterò le reti!". Il Vangelo dobbiamo prenderlo come "vade mecum" (una guida tascabile) non come un'ideologia, lo spiega bene Papa Francesco nei numeri da 100-103, dove dice che le ideologie, di destra o di sinistra, uccidono il Vangelo. Nella Verbum Domini al n. 83 si dice che la nostra missione di cristiani è fare un'esegesi viva del Vangelo.

Poiché le Beatitudini sono il "cuore" del Vangelo, la santità è tradurre questa pagina nel quotidiano, esse ci mostrano sia la bellezza che l'esigenza del Vangelo. Infatti oggi il Vangelo non è di moda perché è il contrario della logica del mondo, come si legge al n. 65 di GE. Gesù chiama beati quelli che per noi sono infelici, per noi vale chi possiede, chi ha, per Gesù conta chi è. Non è una legge nuova questa, ma è un cuore nuovo, per viverla serve lo Spirito Santo altrimenti sono pura ideologia. Le Beatitudini ci purificano dal peccato, sono la verità che guarisce dalla menzogna. Questa è la pagina della figliolanza e della fraternità, le Beatitudini sono frutti del cuore nuovo, promesso dai profeti.
Ci sono diverse "chiavi di lettura": 1°chiave teologica: questo testo ci manifesta chi è Dio, Gesù e il cristiano; 2° chiave soteriologica: questo testo ci salva dalla menzogna e ci conduce alla salvezza; 3° chiave cristologica: ci rivela il vero Volgo di Gesù Figlio di Dio; 4° chiave antropologica: ci mostra chi è l'uomo pienamente realizzato; 6°chiave escatologica: ci rivela il giudizio di Dio; 7° chiave morale: ci richiama a fare ciò che siamo o meglio ci rivela ciò che fa' Gesù per noi.
Nella discesa dal monte Mosè indica ciò che l'uomo deve fare per Dio, mentre nella discesa dal monte delle Beatitudini, Gesù ci indica ciò che Dio fa' per l'uomo. Si passa dall'imperativo all'indicativo! E' vero che il Vangelo è esigente, ma non rigido, noi spesso confondiamo l'esigenza con la rigidità. Ma guardiamo alla pagina evangelica della donna peccatrice, Gesù non condanna mentre i farisei sono rigidi perché condannano a morte la donna. Ma alla fine Gesù dice alla donna: "Va' in pace e non peccare più!" Così come per il paralitico di Betsaida che non ha un nome e quindi è una "figura" del popolo d'Israele.
Le Beatitudini si trovano nel Vangelo di Matteo 5,1-11 e in quello di Luca 6,20-26, con alcune differenze. In Luca ci sono i "Guai a voi.." e i destinatari principali sono i discepoli in senso ristretto, mentre in Matteo è la moltitudine. In Luca il discorso si svolge in luogo pianeggiante in Matteo su un monte.
La parola Beati, felici, noi di solito la usiamo per una persona alla quale capita una cosa buona, bella, ma dirlo a un povero è SCANDALOSO! Questa pagina evangelica è SCANDALOSA PER NOI!

BEATI I POVERI IN SPIRITO: la povertà spirituale riguarda tutta l'umanità, tutti sono poveri esistenzialmente, con il peccato abbiamo perso la gloria di Dio. L'uomo ha un vuoto esistenziale, ricorda gli anawim dell'Antico Testamento, poveri di Jhavè, Maria di Nazareth si definisce così, sono coloro che hanno un "cuore" da poveri e si oppongono agli orgogliosi, il Magnificat è il canto dei poveri in spirito. Non basta essere poveri peccatori per essere beati, ma si deve essere consapevoli della propria povertà, essere distaccati da tutto: "solo Dio basta!", diceva S. Teresa d'Avila, "Tu sei Tutto, il Sommo Bene, il Vero Bene" diceva San Francesco d'Assisi. I poveri in spirito sono coloro che sperano tutto da Dio perché si sentono in quella radicale indigenza umana che ha bisogno di Dio. Il più grande peccato è voler essere come Dio, è l'orgoglio spirituale, che penso sia il peccato contro lo Spirito Santo che non sarà perdonato.
Beati coloro che vivono in un atteggiamento di fede e di abbandono in Dio. Questa è la Buona Notizia: tutti dobbiamo essere poveri in spirito!
Per Luca sono "Beati i poveri": coloro che dipendono dagli altri per vivere, i mendicanti, che si nascondono, coloro ai quali non gli viene riconosciuta la loro dignità, quelli che appartengono alla cultura del rifiuto. Dal latino povero=pauper e poco=paucum, quelli che hanno poco, che contano poco, che si accontentano di poco, che vivono una vita austera. Dal greco ptocoi=pitocchi=piccoli, indigenti, che mancano del necessario e devono dipendere dagli altri, è anche una condizione sociale, economica, non avendo concretamente nulla un pitocco anche se si dà da fare resta sempre povero. Sono coloro che si nascondono per vergogna perché non hanno nulla. Stiamo attenti nelle comunità a non umiliare le sorelle che non hanno nulla, (cfr. Is 61,1), i piccoli, gli umili sono "felici" perché Dio li sostiene è a loro vicino, perché Dio interviene per salvarli, ha gli occhi rivolti verso di loro, il motivo della felicità è diverso, Dio interviene a loro favore perché è un dovere per Lui che è Amore. L'Amore si misura non dal merito, non dalle qualità, ma dal bisogno. Più c'è bisogno, più c'è amore. Quanto più l'uomo è peccatore, tanto più è amato da Dio. La Beatitudine dei poveri sta nella tenerezza di Dio Padre per loro. Dio ama ciascuno secondo il bisogno di ognuno. L'amore di Dio è semplicemente grazia non è per merito. La "ricchezza" chiude il cuore a Dio e all'altro perché fa sentire autosufficienti. Quando il cuore è conquistato dalla ricchezza (dio mammona) non ha più posto per Dio. Dobbiamo vivere con libertà evangelica "sine proprio" diceva San Francesco, la povertà è il vuoto che tutto riceve. Si noti come la prima e l'ultima beatitudine hanno il tempo presente, mentre tutte le altre hanno il futuro.

BEATI GLI AFFLITTI: questa Beatitudine si può unire alla prima, perché anche questi sono emarginati. E' valida per tutti gli uomini che piangono per molti motivi: morte di una persona cara, malattia grave, povertà, ecc., molte cose sono alla base delle lacrime, che sono un "linguaggio". I salmi ci dicono: Sal 42,4: "Il giusto che piange per un'ingiustizia subita, Dio lo consola", Sal 39,13: "Dio non resta sordo al pianto del povero", Sal 56,9: "Dio raccoglie le lacrime in un otre". Luca 6,21 dice "Beati voi afflitti perché riderete" e in Lc 6,25 "Guai a voi che ridete perché piangerete". Gv 14,16 "Lo Spirito Santo è il Consolatore" è Lui che consola gli afflitti. Ma non tutta la tristezza è beata, c'è una tristezza che è peccato, così come non tutta la povertà è benedetta.
Nella cultura attuale tendiamo a nascondere la sofferenza, corpo, mente, cuore, che senso ha la sofferenza, perché soffrire? "Il destino comune a tutti gli uomini è la sofferenza, la morte e l'ignoranza" dice la cultura induista. Al dolore dobbiamo dare il nome di Croce. Sono beati coloro che al dolore riescono a dare il nome di Croce, cioè uniscono il loro dolore al dolore di Cristo sulla Croce. Questa è la maturità della fede, altrimenti la sofferenza è inumana, non è utile o salvifica da se stessa, ma è beata, salvifica, utile se è unita alla Croce di Cristo, dolo così porta alla solidarietà, a camminare insieme in comunione. Sono beati anche coloro che si fanno compagni per coloro che soffrono Rm 12,15 "piangete con chi piange" non ci sono risposte alla sofferenza Is 40,1-.2 "consolate il mio popolo", Is 61,2 ha ispirato questa beatitudine "mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri", Is 66,13 "come una madre consola un figlio, così io vi consolerò". Anche Geremia dice che la sofferenza sarà "trasfigurata", noi dobbiamo far in modo che la sofferenza degli altri non vada perduta. Come dice la 2Cor 1,3-4: "Sia benedetto Dio e Padre del Nostro Signore Gesù Cristo …il quale ci consola in ogni nostra afflizione affinché, per mezzo della consolazione con cui noi stessi siamo da Dio consolati, possiamo consolare coloro che si trovano in qualsiasi afflizione."

BEATI I MITI: sono i non violenti, coloro che non fanno valere i propri diritti, coloro che cedono prima di adirarsi, che non si lasciano condurre da una mentalità vincente, che non hanno grinta, che non vogliono prevalere. In Mt 11,19, Gesù dice "Imparate da me che sono mite e umile di cuore".
S. Teresa di Lisieux diceva che dobbiamo sopportare i difetti degli altri e non scandalizzarci dei peccati degli altri perché altrimenti vuol dire che ci riteniamo perfetti. Però i miti non sono indifferenti al peccato degli altri, ma lo correggono senza umiliare, come dice S. Paolo nella Lettera ai Galati, 6,1:"Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza".
Possiamo dire che i termini povero e mite sono sinonimi, perché povero è nei confronti di Dio e mite è la sopportazione attiva e serena della propria e dell'altrui povertà umana. Anche il Salmo 37,11 proclama "Ma i mansueti stessi possederanno la terra".
San Giovanni Paolo II diceva che quelli che praticano la non violenza, il perdono, la riconciliazione, non sono quelli che subiscono, che non reagiscono, ma sono coloro che lavorano per la riconciliazione. Beati sono anche coloro che lavorano per la pace.
San Giovanni Paolo II diceva che quelli che praticano la non violenza, il perdono, la riconciliazione, non sono quelli che subiscono, che non reagiscono, ma sono coloro che lavorano per la riconciliazione. Beati sono anche coloro che lavorano per la pace.
Non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono. I miti sono i pazienti, non i passivi, sono quelli che interiormente sono forti, che hanno il POTERE SU SE STESSI che è la cosa più difficile, ma la più importante da conquistare!
Le Beatitudini non sono mai passive. Gesù a chi lo percuote chiede, ma non reagisce con violenza, Lui supera la legge della reciprocità.
Ora prendo alcune frasi dal libro di Norberto Bobbio "Elogio della mitezza", per continuare il nostro discorso su chi è la persona mite. Bobbio ci dice "il mite è la persona di cui l'altro ha bisogno per vincere il male che è dentro di sé" è un cammino, la nostra risposta mite mette in crisi la persona violenta o aggressiva. Ancora Bobbio dice: "La mitezza è l'unica suprema potenza per lasciare l'altro quello che è, non gareggia per vincere!" Il mite sa dominarsi, fa' violenza a se stesso non agli altri. Se la società fosse piena di persone miti sicuramente sarebbe migliore! Il mite non aspetta reciprocità, non ha bisogno di essere corrisposto, ma è una persona che dona e basta, senza aspettarsi niente, come agisce Dio con noi!

BEATI QUELLI CHE HANNO FAME E SETE DI GIUSTIZIA: sono coloro che cercano intensamente la giustizia, ma non quella giustizia che cerca il mondo manipolata da interessi che non sono del Vangelo. La giustizia umana cerca la vendetta. La giustizia ha tre significati: 1. La giustizia di Dio in quanto nella sua misericordia egli adempie sempre le sue promesse, con le quali Lui porta la salvezza. Quindi la giustizia divina = salvezza, e per questo passa sempre per la misericordia "Tu che sei giusto per la tua misericordia"; 2. La giustizia è compiere la volontà di Dio, come Giuseppe è chiamato uomo giusto perché osservante della Legge divina; 3. La giustizia sociale quando si instaurano rapporti di giustizia tra le persone. Questi tre tipi di giustizia sono collegati tra loro perché ogni tipo di giustizia è legata a Dio. L'esempio che spiega questo legame è quello dell'albero: le radici = Dio; i fiori = le opere buone; i frutti = solidarietà, carità la giustizia sociale, il decentramento da sé stesso.
Avere fame e sete significa avere un forte e innato desiderio di giustizia, appunto come quando abbiamo fame o sete, non possiamo non ascoltare questo desiderio. Il contrario è l'INDIFFERENZA!
Il grande peccato della nostra società di oggi è proprio l'indifferenza….!
Noi dobbiamo avere un forte desiderio di Dio: "L'anima mia ha sete del Dio vivente…" Salmo 43, il profeta Amos ci richiama a questo: "Verranno giorni in cui manderò la fame nel paese, ma di ascoltare la Parola di Dio!"
Don Luigi Serenthà commenta così questa Beatitudine: «Beati quelli che hanno fame e sete di fare la volontà di Dio, cioè che dicono: il mio nutrimento, il nutrimento su cui faccio crescere la mia vita, così come il corpo cresce sul pane e sull'acqua, non è la mia volontà, ma la volontà di Dio. Io ho fame di Dio, ho sete di lui, la sua volontà è punto di riferimento per la mia esistenza. Mi affido a Dio, lui è la mia gioia, ciò che egli mi rivela lo mangio e lo bevo con quell'avidità con cui l'assetato e l'affamato bevono l'acqua e mangiano il pane».

BEATI I PERSEGUITATI A CAUSA DELLA GIUSTIZIA (O A CAUSA MIA): Gesù passa dagli atteggiamenti ai comportamenti, questi vanno sempre insieme. In Mt 6,33: "Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia" questo è il bene più alto. Ricercare la giustizia è condizione per ricercare il Regno di Dio, che è fine a se stesso. Tanti cristiani sono perseguitati a causa del Regno di Dio e io penso che la vita religiosa non finirà fino a quando ci saranno martiri, fin quando ci sarà il sacrificio per il Regno di Dio che è il Bene più alto da ricercare.

BEATI I MISERICORDIOSI: è misericordioso chi si lascia toccare dal male che hanno gli altri e si fa' vicino al prossimo da aiutare, che sa' servire gli altri, perdonare, essere compassionevole, chi è a immagine di Dio. Ma Dio attenzione…non ha misericordia ma LUI E' MISERICORDIA! Come per la paternità e la maternità. San Giovanni Paolo II dice: la misericordia è la dimensione dell'Amore, se Dio è Amore non può non essere misericordia. Nel Padre nostro torna la misericordia. "rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori", senza misericordia non c'è amore! Oggi è importante in una società che PERMETTE TUTTO E NON PERDONA NULLA! Perché il mondo vuole la giustizia ma come vendetta! Dio invece è pronto a perdonare sempre e tutto, anche noi dobbiamo perdonare tutto! Dio ama tutti e ama te personalmente con la tua miseria, per questo la giustizia di Dio è sempre misericordia. Ricordiamo il Vescovo Don Tonino Bello "dobbiamo crocifiggere il peccato e salvare il peccatore!". Dopo aver richiesto di "risarcire" il danno commesso, dobbiamo lasciare il campo al perdono. Importante è conoscere se stessi, per perdonare gli altri. Quando non riusciamo a trovare le ragioni del perdono poniamoci queste domande: "Come si comporterebbe sua madre con lui o con lei?" "Come vorrei che gli altri si comportassero con me nella stessa situazione?"

BEATI I PURI DI CUORE: significa avere un cuore semplice, umile, che sa amare, senza che entri qualunque cosa che possa andare contro l'amore. Avere un cuore soltanto per amare, un amore pulito. Ci sono diversi tipi di amore: erào = carnale ; fileo = amicizia ; agapao = amore gratuito
Il cuore puro ama di amore "agapao", in questo tipo di amore sparisce la reciprocità. Gesù ci dice: "Amatevi come io vi amo" fino all'estremo! Nella vita del discepolo quello che si deve curare è soprattutto il cuore Dio vuole il nostro cuore: "Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me" Mt 15,8. Il cuore puro si oppone alla falsità. Beati coloro che non curano solo l'apparenza, quando in esso abita Dio, vi abita la Sapienza di Dio. In Marco 7,21-23 "Ciò che esce dall'uomo e ciò che rende impuro l'uomo…Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive…". La purezza di cuore = santità, tutto ciò che si oppone alla santità si oppone alla purezza di cuore. Anche il peccato veniale offusca il cuore. Il peccato mortale indurisce il cuore. La nostra vita deve testimoniare la purezza del cuore, perché tanti uomini e donne l'unico Vangelo che leggeranno è la vita dei cristiani. E' più facile essere casto che essere puro in questo senso. I poveri peccatori sono la "carne" di Cristo, se non si ha un cuore puro non ci si accorge di Dio in se stesso e né negli altri. Il puro di cuore ha un solo desiderio: Dio! Vuole tutto ciò che vuole l'Amore di Cristo, la rettitudine di coscienza non interessa più la sua persona, il presente, il futuro, il giudizio su di lui né più né meno, ma cerca solo la volontà di Dio, che Dio lo possa benedire. Chiediamo la grazia che noi possiamo diventare benedizione per gli altri. Il puro di cuore vede solo Dio e la volontà di Dio sull'uomo, che è una volontà di salvezza. Vede la realtà con gli occhi di Dio, gli occhi del cuore.

BEATI GLI OPERATORI DI PACE: sono coloro che costruiscono ponti e non muri. Rm 14,19: "Cerchiamo dunque ciò che porta alla pace e all'edificazione vicendevole", la pace evangelica non esclude nessuno, anche quelli che non la pensano come me. Non nasconde i conflitti, ma li affronta adeguatamente cercando sempre e ovunque la riconciliazione. Il verbo operare=coloro che producono la pace, non dice beati i "pacifici" che cercano la loro pace, il vivere tranquilli. Il verbo greco è attivo, significa coloro che diffondono la pace, che lavorano per la pace. Ci sono tre significati 1. Pacificatori = portatori di pace è il significato letterale; 2. Costruttori = significato teologico; 3 lavorano per la pace è il significato pastorale, che si adoperano per la felicità e la pace sociale. Noi dobbiamo mettere insieme questi tre significati. E' importante dare un senso attivo, dinamico e operativo. Non basta mantenere la tranquillità e la pace perché sembra che non ci sono conflitti, ma non è possibile, perché questi fanno parte della vita, anzi i conflitti di per sé sono positivi perché così esce la verità sulle situazioni. L'importante è non usare la violenza, per questo la guerra non è mai giustificabile! E' necessario prima di tutto lavorare su noi stessi, sul proprio cuore! Le Beatitudini prima di viverle nei confronti degli altri si devono vivere per se stessi.
La Pace è un dono da invocare, ma è anche impegno, lavoro nostro, è fatica, atto di volontà concreto, non è un ideale astratto, ma un dono costruito.

BEATI I PERSEGUITATI A CAUSA DELLA GIUSTIZIA: il tema della giustizia porta alla persecuzione. Vivere il programma delle Beatitudini porta alla persecuzione, perché darà fastidio. La vita di chi vive le Beatitudini sarà la prima testimonianza, "uccide" la malattia della mediocrità perché diventa PROFEZIA! Questa comporta coerenza nella vita quotidiana, per questo non è facile vivere le Beatitudini perché comportano violenza con se stessi. Ma se non si accetta la Signoria di Dio che è il Signore, si cade in quella di Satana!!!

"Siate santi come il Padre vostro è SANTO!" (Mt 5,48)
"Siate misericordiosi come il Padre vostro!" (Lc 6, 36)

La via più corta per essere santi è quella delle Beatitudini…! Buon cammino!